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L'abbraccio: gesto, simbolo, vivencia

L'abbraccio: gesto, simbolo, vivencia

di Simona Malta, insegnante titolare di Biodanza Sistema Rolando Toro

Un abbraccio è in grado di collegarti al resto del mondo in un attimo. È un gesto antichissimo, una delle espressioni umane per eccellenza, è, aggiungo, espressione di vita. È il vuoto che si riempie del tutto. Dà la forma al bambino e alla madre, agli amanti che si incontrano, agli amici che si ritrovano.

Recuperare il significato profondo dell’abbraccio, come gesto dal significato eterno che può essere scambiato tra gli uomini per incontrarsi e riconoscersi, è uno degli obiettivi di Biodanza. Come allieva di un corso regolare e come insegnante titolare di Biodanza, mi piace l’idea che l’abbraccio sia la vivencia (1) che possa riassumere in un solo gesto una delle definizioni di Biodanza di Rolando Toro: “Biodanza è una poetica dell’incontro umano”(2).

Ogni gesto racchiude un significato più o meno dichiarato o esplicito: la parola gesto, nei suoi derivati latini, sia dal participio passato del verbo gerere (“gestire”, portare su di sé e in sé”, “prendersi carico”, “condurre un’impresa”), sia dal sostantivo gestum (che ha il significato specifico di “gesticolazione dell’oratore e dell’attore”) rappresenta ciò che è agito, portato dentro la comunicazione con gli altri.

La poetica a cui fa riferimento Rolando Toro si compie nella vivencia dell’abbraccio, che è in realtà il risultato immediato di un cammino che inizia dall’avvicinarsi al senso di vita che ogni individuo ha in sé, si incontra con il simile e infine giunge all’umanità intera: in un percorso di riapprendimento della propria umanità, come avviene in Biodanza, l’abbraccio può diventare simbolo di questa poetica.

Simbolo, tra l’altro, è ciò che ricompone un’unità che è stata inizialmente divisa. Nell’antichità due persone unite dal vincolo dell’ospitalità (o dell’amicizia), al momento del congedo rompevano in due parti l’óstrakon, cioè il pezzo d’argilla, che rappresentava il loro incontro, e ciascuno teneva con sé il proprio pezzo (poteva trattarsi anche di una moneta o di un anello rotto a metà). Il verbo sym-ballein, ‘gettare insieme’, indicava questa azione di ri-com-posizione. Il simbolo consentiva alle due persone di ri-conoscersi, di ritrovarsi in un futuro incontro, di mantenere l’unità anche a distanza. Per questo a maggior ragione mi piace pensare all’abbraccio come al simbolo della poetica dell’incontro umano di Rolando Toro, perché è in sé una rappresentazione di due parti che si uniscono, che si ritrovano e che in questo movimento si sono conosciute e hanno posto le basi per ri-conoscersi.

Il gesto dell’abbraccio in Biodanza diventa simbolo attraverso la danza, con il movimento emozionato, si spoglia da ogni tecnica e diventa strumento di conoscenza, di apprendimento. Le parti che sono state separate possono tornare a essere unite e ricomporsi in un’unità: le diverse parti dell’individuo (la mente e il corpo, il cuore e la ragione, ad esempio) possono re-incontrarsi così che l’uomo possa tornare ad essere intero, integrato con sé stesso, con gli altri esseri umani e con l’universo intero.

Credo che la bellezza del percorso di ri-apprendimento in Biodanza sia che la comprensione a livello cognitivo della sua realizzazione è, almeno inizialmente, secondaria rispetto all’esperienza in sé. Il partecipante riapprende il gesto e lo collega alla propria umanità, all’umanità dell’altro e poi all’umanità intera, con la naturalezza di un passo di danza.
Il sistema Biodanza si incentra sull’incontro e per l’incontro: nell’incontro l’individuo conosce sé stesso, si riconosce specchiandosi nell’altro, incontra la propria essenza di essere umano perché si trova nelle condizioni di potersi spogliare dei contesti che spesso influenzano la percezione di sé, dei modelli culturali e familiari, delle aspettative, delle proiezioni della personalità, delle esigenze di comprensione, dell’analisi razionale.

Nella pratica di Biodanza il partecipante incontra i compagni, e spesso non conosce nulla di loro, da dove vengono, quali sono le loro motivazioni che li hanno portati lì, i loro desideri, le loro esperienze: è nelle condizioni ideali per potersi presentare al gruppo per quello che è tramite il solo movimento, può preferire di non parlare della propria vita e di esprimere nella condivisione verbale solo le emozioni che ha vissuto durante la lezione. Questa condizione di allievo di Biodanza lo pone al mondo e a sé stesso come semplice essere umano, e crea le basi per l’incontro.

Per questo penso che la scelta di partecipare ad un corso di Biodanza abbia una valenza rivoluzionaria soprattutto per la persona stessa, perché è un gesto di disponibilità verso di sé, per conoscere qualcosa di sé. Progressivamente, nelle prime lezioni di Biodanza, esplorando i primi movimenti insieme agli altri partecipanti, con il gioco, con il confronto con gli altri, ciascuno inizia a darsi il permesso, a spogliarsi di alcune difese, inizia a dare espressione al proprio movimento con più libertà, inizia a sentire la vita.

Rolando Toro afferma che la “vivencia fondamentale dell’identità sorge come la sensazione endogena di essere vivo”, che l’“esperienza primordiale dell’identità è la commovente e intensa sensazione di essere vivo, generando sé stesso” (3).
Nella nostra società l’affettività è relegata lontano da sé stessi, verso l’altro. Partendo dall’incontro con il simile nella danza e con il linguaggio del movimento, il partecipante può incontrare sé stesso riconoscendosi l’affetto che forse non si era mai concesso prima. Con la progressività del corso settimanale, si sviluppa un processo di avvicinamento dell’affettività a sé stessi.

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Da questo senso di “vicinanza” alla vita, la qualità dell’incontro con i compagni può cambiare e può generare gesti, danze, incontri che favoriscono la libertà di espressione di sé nel rispetto della propria umanità e di quella degli altri.
Vorrei sottolineare l’importanza del senso di libertà che il partecipante può scoprire o ri-scoprire nell’incontro con sé stesso e con i compagni del gruppo. Senza libertà l’incontro perde, a mio parere, la valenza poetica. Due allievi che si incontrano in feedback esercitano uno “scambio simmetrico totale e non strumentale" (4), si scelgono liberamente, preferendosi, come se dicessero l’uno all’altro: “Io scelgo di accogliere me stesso e per questo posso accogliere te; io ho incontrato me stesso e poiché mi rispetto faccio un passo verso di te per incontrarti”(5).

L’assunzione di sé stessi, della propria libertà è premessa fondamentale perché l’incontro con l’altro sia una vivencia (6) e non una rappresentazione stereotipata. Per contro, l’importanza di conoscere i propri limiti sia dal punto di vista fisico – fino a che punto posso sostenere uno sforzo nel camminare, nel saltare, nel sostenere un peso, ad esempio - sia dal punto di vista psicologico – fino a che punto posso sostenere un conflitto, una pressione emotiva, una situazione di stress o di piacere – è alla base del potersi dare il permesso di esprimersi liberamente.

La condizione di un abbraccio autentico con l’altro passa dall’esperienza vivenciale del piacere – dell’abbraccio, quindi - verso sé stessi, perché in questo stato di percezione di sé l’individuo non subisce l’incontro ma si pone con libertà di fronte ad esso, alla pari, con la possibilità di scegliere, di esprimere la propria preferenza.

La coscienza di sé non può prescindere dalla coscienza della propria corporeità. A sostegno del fatto che l’abbraccio è una esperienza fondamentale per la formazione della propria immagine corporea, Rolando Toro cita nel suo libro sulla Biodanza J. Rof Carballo(7): durante l’esperienza dell’abbraccio, attraverso la percezione del corpo dell’altro, prendiamo coscienza del nostro corpo, attraverso l’identità dell’altro rafforziamo anche la nostra identità.

La pratica di Biodanza crea le condizioni per cui avviene l’incontro con l’altro in libertà e con feedback, con il simile, con un “altro sé”, uguale a sé, ma diverso da sé, al quale si dà la medesima possibilità di esprimersi come noi stessi ci esprimiamo.

Si apre al partecipante la commovente possibilità di abbracciare il compagno come abbraccerebbe sé stesso. In modo naturale, guidato dalla propria emozione, con la sensibilità amplificata, generata dalla danza, il partecipante può trovare in modo pieno qualche declinazione di sé stesso nel qui-e-ora, la propria fragilità o la propria forza, la possibilità di essere delicato e accogliente, di essere fragile e di essere accolto, o semplicemente di essere un essere umano pulsante, vivo a contatto di un altro essere umano altrettanto pulsante e vivo.

Nella vivencia dell’abbraccio dare e ricevere trovano un equilibrio, il dare entra in risonanza col ricevere, il contenuto diventa contenitore e viceversa.

Con l’incontro e con il gesto dell’abbraccio il partecipante può acquisire elementi alla propria autostima, può confermare o rivelare la capacità di potersi donare all’altro, ma anche di poter ricevere il gesto dell’altro, scoprendo qualità che non aveva mai attribuito a sé stesso. Tra le emozioni che un partecipante di Biodanza può provare durante un abbraccio vi sono quelle sono di tenerezza, amore, gioia. Tali emozioni possono portare a sentirsi sempre più integrato con sé stesso e con l’ambiente in cui vive. Può scoprire che non è solo capace di dare affetto agli altri ma anche di ricevere affetto a sua volta. Nel riscattare la possibilità di essere oggetto di cura da parte degli altri, di assumere che “si merita” di essere amato, accarezzato, abbracciato, nasce una nuova coscienza di sé. La diretta conseguenza di questo è un notevole aumento della percezione interna della propria preziosità: la propria autostima.

Inoltre, progressivamente, il partecipante intensifica il senso di appartenenza alla comunità umana.

Dalla nozione di sé attraverso il proprio corpo e dalla nozione di essere diverso giungerà a percepire sé stesso, unico e irripetibile, “come essere-al-mondo, come parte integrante di una totalità(8)”.

A sostegno dell’esperienza di Biodanza ci sono diversi studi che attestano quali sono gli effetti a livello fisiologico del contatto e della carezza sul nostro organismo.

Alcuni studi effettuati nel 2004 da due ricercatrici (Karen Grewen e Karen Light) del dipartimento di psichiatria dell’Università del Nord Carolina(9) hanno evidenziato che ci sono effetti fisiologici misurabili che supportano la tesi di un legame definito tra l’abbraccio affettivo e la risposta positiva dell’essere umano: negli adulti si verifica un significativo abbassamento della pressione del sangue e del battito cardiaco. Questo ha portato le ricercatrici a supporre che non solo il calore di chi si ama dà salute, ma anche la vicinanza e il contatto di persone non conosciute può mitigare l’effetto negativo che lo stress della vita moderna infligge all’uomo.

Altri studi dello stesso team(10) hanno dimostrato che anche il livello di ossitocina, noto anche come “l’ormone dell’attaccamento”, quello che influenza i legami interpersonali, la fiducia e il riconoscimento sociale, è in media più presente nelle coppie che dichiarano di essere felici ed aumenta nei momenti di incontro affettivo. Uomini e animali con livelli elevati di ossitocina sono più calmi, meno ansiosi e più inclini a socializzare.

Questo team di ricerca è giunto a suggerire al termine di questo ciclo di ricerche(11): “Anche un solo, breve episodio di caldo e amorevole contatto all’inizio di una giornata può proteggere il partner dallo stress per l’intero giorno”.

Concludo augurando ad ognuno di trovare un momento della giornata da dedicare ad un abbraccio… anzi, almeno due.

Simona Malta, insegnante titolare di Biodanza Sistema Rolando Toro



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