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Perché spiegare a parole la Biodanza è impresa così difficile?

Perché spiegare a parole la Biodanza è impresa così difficile?
di Eugenia Audisio
Da "Biodanza, la danza della vita", rivista AEIB n. 3, marzo 1998, p. 5

“La più sovversiva di tutte le discipline è quella che si basa sulla gioia di vivere, sul diritto all’amore e al contatto” (R. Toro)

Affondare i denti nella polpa succosa di una pesca matura, assaporare un bacio morbido ed umido dal nostro amore, sentire il profumo della terra dopo la pioggia, perdersi nei colori sublimi di un tramonto sul mare. Chi legge queste parole sa di cosa parlo perché l’ha vissuto, perché almeno una volta nella vita ha avuto queste “esperienze” che sono rimaste impresse in modo complesso. Sono tante sfumature diverse che coinvolgono la nostra totalità e che si uniscono per imprimersi nella nostra memoria come “concetto”: il sapore, la consistenza, il profumo, la musica, una sensazione, un’emozione ecc. È per questo che spiegare con parole che cosa è la Biodanza diviene un’impresa assai difficile.

Biodanza è la danza della vita, è la poetica dell’incontro umano, è un sistema di integrazione e sviluppo dei potenziali umani attraverso la danza, la musica e situazioni di incontro in gruppo, e ancora altre definizioni che parlano tutte con diversi linguaggi della stessa cosa: ristabilire il vincolo con la sacralità della vita.
Biodanza, etimologicamente viene dal greco Bios = Vita e dal termine francese Danza = Movimento con emozione; riempire quindi di emozione i nostri movimenti quotidiani, semplici, vitali che sono diventati automatici, freddi, inconsapevoli, un poco dovuto alla nostra storia personale, un poco ai ritmi frenetici e antifisiologici nei quali viviamo.

Da questo punto di vista, dunque, ogni nostro movimento può diventare “danza” se è riempito di “presenza”: prendere per mano un figlio, camminare verso qualcosa o qualcuno che desideriamo, mangiare con il piacere di nutrirci, abbracciare un amico, ecc. Si tratta, quindi, di riconnetterci alla vita e di danzarla, di ritrovare il piacere dell’esistenza.
La Biodanza attraverso una metodologia molto precisa tende a facilitare un progressivo ascolto di sé, che permetta di cominciare a identificare i nostri veri desideri, i nostri ritmi organici, i nostri bisogni e a distinguerli da ciò che può essere frutto di aspettative da parte di qualcun altro (genitori, figli, colleghi). È così che si comincia ad avere una risposta integrata fra la percezione (sentire) e l’azione (fare), facilitando a sua volta la percezione dell’altro e dell’ambiente nel quale ci muoviamo e quindi la comunicazione in feedback.

“Per fare Biodanza non è necessario saper danzare, basta sentire la vita che fluisce dentro ed avere il desiderio ed il coraggio di danzarla"

Movimento con emozione

La Biodanza sceglie il movimento come strumento di espressione, essendo questa la prima manifestazione di vita. Tutto ciò che è vivo nell’Universo si muove, ha un suo ritmo, direzione, velocità. La nostra vita biologica inizia proprio con due cellule che si incontrano in una “danza d’amore”, è attraverso il movimento che noi da bambini cominciamo a delineare la consapevolezza della nostra identità, che cominciamo a percepire i limiti che esistono fra noi e il seno, fra noi e la mamma, fra noi e la totalità da cui proveniamo. È sempre con il movimento che esploriamo, scopriamo e sviluppiamo i nostri potenziali. Ogni volta che un bambino urla, salta, corre, osa un nuovo movimento, scopre chi è e di cosa è capace.
Ed è qui che entriamo nel concetto di gruppo, la Biodanza è inconcepibile senza il gruppo, come la vita lo è senza gli altri. Il gruppo funge da contenitore, da “utero affettivo” che favorisce e permette la espressione dell’individuo; come la mamma o il papà danno (o dovrebbero) quella sicurezza affettiva, quella fiducia quasi cieca nel bambino che prova una e cento volte a dare un passo e casca per terra, ma ha la forza di riprovare ogni volta perché fa affidamento su quel “contenitore” che crede in lui. Sappiamo tutti che queste situazioni ideali vengono a mancare nella vita di tanti di noi, lasciando grosse cicatrici come mancanza di fiducia in noi stessi, sensazione di incapacità cronica, sensi di colpa inspiegabili, scarsa autostima. Nel momento in cui noi come adulti decidiamo di prendere la nostra vita in mano, e di assumere la responsabilità della nostra crescita e della nostra guarigione, la Biodanza ci offre l’occasione di ricreare questo contenitore, questo eco-fattore positivo che favorisce con l’accettazione del singolo individuo e le sue diversità, l’espressione profonda dei potenziali, di quelle nostre capacità creative, affettive, erotiche che erano rimaste nascoste.

Vivencia

La vivencia è un concetto basilare, non ha traduzione letterale in italiano anche se potrebbe essere spiegata come la percezione intensa di sé qui ed ora, la presenza totale nel vissuto nel momento esatto in cui si vive, l’istante in cui un nostro movimento è pieno di emozione ed è integrato armonicamente ad essa, è questo ciò che toglie la meccanicità del gesto.
In definitiva la vivencia è uno dei livelli del processo di apprendimento, insieme al cognitivo e al viscerale che, solo se integrati fra di loro, ci permettono di “comprendere” che cosa vuol dire affondare i denti nella polpa succosa di una pesca matura.

I potenziali umani

Nella creazione del modello teorico del Sistema Biodanza, il prof. Rolando Toro identifica cinque grandi insiemi di potenziali genetici “Cinque linee di vivencia”, che rappresentano la globalità dell’essere umano: la vitalità, la sessualità, la creatività, l’affettività e la trascendenza. Una persona “sana” riesce nel corso della sua vita a sviluppare in modo integrato questi gruppi di potenziali, creando un’esistenza felice e completa. Esistono persone che, invece, per tanti motivi priorizzano lo sviluppo di una linea a discapito delle altre. Ad esempio chi riesce facilmente ad esprimere l’erotismo ma non a creare vincoli affettivi, chi sviluppa una forma creativo-espressiva nel campo dell’arte ed è bloccato nella sua sessualità, chi sprizza vitalità e forza nel mondo dello sport ma si sente incapace di creare la sua esistenza seguendo un modello interno; e come questi tantissimi altri esempi che evidenziano delle profonde dissociazioni nell’identità. Il lavoro di Biodanza, attraverso specifici esercizi di sensibilizzazione, di scioglimento di corazze di tensione a livello muscolare, di percezione di sé nell’incontro con gli altri, favorisce la espressione e lo sviluppo di quegli aspetti del nostro essere che ci erano sconosciuti, o che pensavamo addirittura che non ci fossero, integrandoli fra di loro ed aiutandoci in questo modo a ritrovare quel senso di totalità.
La linea della vitalità è collegata al movimento, all’impulso vitale, all’energia necessaria per affrontare l’esistenza.
La linea della sessualità comprende tutto ciò che ha a che fare con il piacere, con i sensi, con il contatto, con l’erotismo, con la capacità di autodonazione nell’incontro d’amore.
La linea della creatività fa riferimento alla nostra capacità di creare la nostra esistenza seguendo un modello proprio, di osare essere noi stessi, creando un percorso che risponda alle esigenze profonde.
La linea dell’affettività è la nostra capacità di amare, di dare e ricevere, di ristabilire il vincolo fraterno con la nostra specie.
Ed infine la linea della trascendenza che è la nostra capacità di trascendere l’ego, di percepire l’appartenenza alla totalità, di sapere con le viscere che siamo una nota nella sinfonia cosmica, e ciò che questo comporta nella vita di relazione, nell’atteggiamento ecologico, nel rispetto amorevole di ciò che ci circonda.

“L'esperienza quotidiana è piena di possibilità, però siamo schiavi delle abitudini, dei costumi e viviamo con paura la bellezza, l’amore, la pienezza e l’estasi” (R. Toro)

Potenziare la parte “sana”

Una delle più grandi e rivoluzionarie differenze tra la Biodanza ed altre tecniche o discipline è che agisce sulla parte sana della persona e non sul conflitto. Questo crea grandi polemiche giacché viene subito da obiettare: “Ma allora si evade dalla realtà o si nega la parte da guarire ecc.?”. Ciò non è assolutamente vero ed è per questo motivo che io personalmente considero rivoluzionaria e geniale l’intuizione avuta da Rolando Toro. Il processo di crescita che propone la Biodanza parte dal principio che in ognuno di noi c’è un seme sano, d’amore e di vita. Progressivamente essa facilita nei partecipanti il rafforzamento di questo seme, la possibilità di trovare dentro di sé gli strumenti necessari per affrontare il conflitto quando questo emerge. In questo modo quando “ci si rende conto” di avere una difficoltà è perché è arrivato il momento in cui si ha la forza di sostenerla e quindi di trasformarla.
Questa metodologia è basata sulla qualifica della persona, sulla possibilità di riconoscersi ed accettarsi, e solo in questo modo riuscire a trasformare. Un esempio molto semplice e chiaro può essere quello di una persona timida, considerando in questo caso la timidezza come conflitto. Un modo di agire sulla difficoltà potrebbe essere quello di chiedere alla persona di entrare in mezzo al gruppo e fare un discorso sulla sua timidezza, mettendola così davanti al conflitto senza gli adeguati strumenti che gli permettano di superare veramente e dal profondo l’imbarazzo e la vergogna.
In Biodanza il percorso è inverso, si lavora infatti rafforzando l’identità, l’autostima, le capacità che può avere la persona di vincolo affettivo (parte sana), qualificando in definitiva ciò che è in grado di fare e di esprimere, e facilitando in questo modo il ritrovamento della forza, il proprio strumento che le permetterà di affrontare la sua difficoltà, di armarla di fiducia in se stessa.

 



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