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Una nuova sensibilità è possibile: danza, #biodanza e natura

Una nuova sensibilità è possibile: danza, #biodanza e natura

di Simona Malta, Operatrice didatta

Una delle definizioni di Biodanza che preferisco è “movimento naturale pieno di significato”. Danzare è in sé muoversi con significato: se aggiungo a questo l'aggettivo naturale, ovvero il prefisso ‘bio’ della parola biodanza, la danza diventa danza della vita, danza ‘naturale’.

La proposta del metodo biodanza di #Rolando Toro Araneda è, infatti, la rieducazione a un movimento spontaneo, istintivo, non coreografico. L’obiettivo di ogni sessione di biodanza è la #vivencia, ovvero la sensazione di essere totalmente nel movimento, nella più intensa e viva manifestazione di me stessa.
Non sono una ballerina né ho mai studiato danza, ma immagino che ogni ballerino viva una sensazione simile danzando, quando la tecnica è ormai assimilata e può immergersi completamente nell’espressione dei passi di danza, con significato, passione, coinvolgimento.

Cosa c'è, quindi, di diverso quando biodanzo?
Il 'bio', il suffisso di Biodanza, indica che con il movimento ispirato dalla musica, vissuto con il gruppo, insieme agli altri partecipanti, posso connettermi profondamente alla mia energia vitale nel qui-e-ora e la mia danza è la danza della vita, non è una rappresentazione.

Il professor Rolando Toro Araneda, inventore del metodo, ha spiegato con il modello teorico della Biodanza il suo meccanismo di azione. La proposta di Biodanza porta il partecipante dapprima a danzare movimenti intenzionali, caratterizzati da una direzione e spesso una grande intensità espressiva e successivamente, gradatamente, lo conduce a movimenti più sottili, rarefatti, rallentati, morbidi.
Per rendere l'idea di quello che accade quando in una sessione di Biodanza rallentiamo il movimento è quello che ci succede al termine di una giornata intensa, piena di attività, quando gradatamente ci fermiamo, ci rilassiamo, e finalmente recuperiamo le energie affidandoci a un bel sonno ristoratore. No, a Biodanza non ci si addormenta (a volte però capita che qualcuno arrivi a rilassarsi tanto da addormentarsi in sala), ma possiamo raggiungere questo stato, spesso accompagnato da una sensazione di fusione, di dissoluzione con tutto quello che ci circonda.

Questa transizione dalla massima espressione di noi stessi a questo stato più rarefatto e sensibile è la chiave di una sessione di Biodanza, è il momento in cui Rolando Toro afferma avvenga una riorganizzazione delle nostre cellule, un processo di rigenerazione.
Quando riemergo da questo stato, ancora accompagnata da musiche che si fanno via via più attive, ho appreso qualcosa di nuovo, mi sento trasformata, i miei sensi sono più ricettivi, il mondo circostante mi appare più vicino e al contempo più maestoso, anche le persone insieme a noi mi appaiono illuminate, più “belle” (l’#estetica antropologica di cui parlava Rolando).
In un certo senso è in questo momento che riscopro la Natura, quella con la ‘N’ maiuscola. Quella dentro di me e quella al di fuori; divento sensibile, avverto una sensazione di far parte a un tutto, aggiungo umanità alla mia umanità e percepisco l’altro più simile a me, non più minaccioso, non più diverso.
Del resto, il #principio biocentrico è il paradigma alla base del metodo biodanza ed è la #vivencia, il vissuto del qui-e-ora attraverso la danza, l’esperienza che mi consente di intuire che la Vita è in ogni cosa.

Dal bollettino di Biodanza n. 3 del maggio 2007, Rolando Toro afferma: “Tutta l’espressione, tutto il movimento, tutta la danza è un ‘atto vivente’. La separazione degli uomini dalla matrice cosmica della vita ha generato, attraverso la storia, forme culturali distruttive. Le dissociazioni corpo-anima e uomo-natura hanno condotto alla profonda crisi in cui viviamo. Quando prendiamo coscienza di ciò che significa ‘il miracolo della vita’ che ci anima, ci si rivela un sentire assoluto di valorizzazione della esistenza. Se prendiamo come punto di partenza le proposte intrinseche che sorgono dall’atto di vivere e dalla comunione con gli esseri viventi, dobbiamo abbandonare con assoluta decisione qualsiasi tipo di fondamento culturale basato sul denaro e sull’assassinio, così per esempio tutto il delirio giuridico di Oriente e Occidente, con i suoi codici e tribunali di giustizia basati nell’ideologia e non nella vita. Anche le guerre sono l’espressione di quella psicosi collettiva che nega la sacralità della vita. Il principio biocentrico pone il rispetto per la vita come centro e punto di partenza di tutte le discipline e comportamenti umani; ristabilisce la nozione di sacralità della vita. La cultura dovrà essere organizzata in funzione della vita; le nostre forme culturali sono anti-vita”.

In altre parole, la vivencia è la porta di accesso a questo senso di appartenenza e con questa esperienza la nostra attenzione per ogni cosa che ci circonda aumenta. Dalla rubrica #paroladibiodanza, pubblicata sulla pagina Facebook della nostra Associazione:

“Non è tanto importante comprendere questo principio, quanto danzarlo: con la danza il senso della Vita ci pervade al di là di ogni ragionamento, diventa la guida di ogni nostro gesto. Quando siamo in grado di portare la vivencia nella quotidianità, la nostra esistenza è vissuta nel rispetto di sé stessi, dell’altro e di ogni cosa nel mondo”.

I biodanzanti possono essere quindi promotori naturali del rispetto dell’ambiente, inteso sia come ambiente circostante, sia come ambiente relazionale: il risveglio di una coscienza etica che, dall’individuo, si estende al di fuori. Molti danzerini, incorporando questo principio, iniziano ad avere nella vita quotidiana comportamenti virtuosi, a partire da una maggiore cura della propria salute, a un uso più consapevole dell’energia, a una maggiore cura nel differenziare i rifiuti, a un maggiore rispetto verso gli altri e verso gli animali. Non voglio dipingere un eden inesistente, certo! Ci sono biodanzanti non virtuosi, refrattari, nonostante tutto, a questa sensibilità.

Cosa possiamo fare allora?
Il mio maestro, e direttore della Scuola di Biodanza Sistema Rolando Toro a Bologna, Sergio Cruz, che per tanti anni ha accompagnato Rolando nella diffusione della biodanza in Europa ci ha raccontato che a questo tipo di domande Rolando rispondeva: “Vivencia di più!”
Oserei quindi concludere dicendo: danziamo dunque, apriamoci alla vita! Se diventiamo più sensibili, questo sarà il nostro contributo per contagiare le persone intorno a noi e avviare una inversione di rotta verso un modo più sostenibile e sano di vivere.





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